Bullismo: perché accade, come riconoscerlo e come affrontarlo a casa e a scuola. Intervista a Giorgio Conti, Psicologo Psicoterapeuta.

Bullismo: perché accade e come riconoscerlo | Ne parliamo con il Dott. Giorgio Conti, Psicologo Psicoterapeuta

L’ultima campagna di monitoraggio per valutare su larga scala la presenza e l’andamento dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo nelle scuole italiane mostra risultati sui quali occorre fermarsi a riflettere. Il Ministero dell’Istruzione ha reso noti i dati sulla piattaforma ELISA (formazione in E-Learning degli Insegnanti sulle Strategie Antibullismo), risultato dell’indagine svolta nell’anno scolastico 2021/2022 e alla quale hanno partecipato studenti e docenti.

Al monitoraggio hanno partecipato 314.500 studenti che frequentano 765 scuole statali secondarie di secondo grado e 46.250 docenti di 1.849 Istituti Scolastici statali. Il 22,3% degli studenti e studentesse delle scuole superiori è stato vittima di bullismo da parte dei pari, mentre Il 18,2% ha preso parte attivamente a episodi di bullismo verso un compagno o una compagna.

Alla luce di ciò che raccontano i dati abbiamo voluto approfondire l’argomento con Giorgio Conti, Psicologo Psicoterapeuta e profondo conoscitore del potere della parola. Suo è infatti il progetto Write Club Lab che dal 2012, attraverso le possibili applicazioni della scrittura e della lettura, promuove la narrazione come forma di espressione personale, per la salute, il benessere e la crescita personale.

Bullismo perché accade, come riconoscerlo e affrontarlo | intervista al Dott. Giorgio Conti Psicologo Psicoterapeuta
Il Dott. Giorgio Conti, Psicologo Psicoterapeuta

Partiamo dalle presentazioni: chi è Giorgio Conti?
Sembra una domanda semplice ma non lo è. Se dovessi parlare di me mi verrebbe spontaneo raccontare una storia. Faccio un piccolo inciso. Ho visto il vostro lavoro e quello che fare sul sito e le vostre interviste. Vedo che siete delle buone penne. Grazie per lo spazio e per l’intervista.
Nasco con una formazione tecnica da disegnatore meccanico, che mi permette di lavorare subito dopo il diploma. Questa è stata la mia prima vocazione, ma subito dopo mi sono reso conto che gli sbocchi lavorativi non erano quelli ai quali avrei ambito. Così ho deciso di investire ciò che avevo messo da parte per continuare la mia formazione e intorno ai 24 anni ho iniziato il percorso universitario. A quest’ultimo ho abbinato il percorso da agevolatore nelle relazioni individuali e nei gruppi. Inoltre, mi è capitato durante l’università di avere esperienze con la scrittura presso l’Università di Chieti, polo di eccellenza sulle neuroscienze. Ho avuto occasione di prendere parte ad una ricerca sulla scrittura, si trattava in particolare dell’adeguamento delle ricerche condotte da Pennebaker sul campione italiano. A fine ricerca ho chiesto informazioni e quella è stata la prima volta in cui ho ascoltato il nome di questo ricercatore, Pennebaker. Inoltre, ebbi l’occasione di svolgere un semestre di approfondimento presso la stessa cattedra che proponeva questa ricerca. In sei mesi ho avuto la possibilità di confrontarmi con tutte le ricerche di questo autore, dal primo articolo di Pennebaker del 1986 ritenuto significativo a tanti altri lavori successivi. Pennebaker utilizza la scrittura come psicologo sociale, in contesti sociali. Avevo già intuito il potere della parola, ma quell’incontro mi ha fatto incontrare la scrittura come contesto di applicazione della parola intimo e privato. Mi sono, così, appassionato a questo ambito, ho completato il percorso universitario e da agevolatore (counseling), e dopo l’università ho conseguito la specializzazione, orientamento psicoanalitico, perché mi sembrava il modello più interessante, più ghiotto, quello che fa vedere maggiormente le radici dello sviluppo della mente. Credo di aver tratteggiato chi sono. Sono colui il quale lavora a ridosso di questi ambiti:  scrittura e psicoterapia.

Noi che ti conosciamo un po’ di più rispetto alle persone che leggono sappiamo che ti occupi di benessere psicologico. Per questo vorremmo affrontare con te il tema del “Bullismo”. Da dove partire per inquadrare il fenomeno?
Sicuramente intuite bene quando identificate questo fenomeno come complesso articolato e centrato su un aspetto emotivo. Per parlare di un tema articolato e complesso come quello del bullismo bisogna creare una cornice che più è ampia e maggiormente descrive la situazione. Ci sono 3 aspetti da considerare: personale, sociale e ambientaleCi troviamo, infatti, davanti ad una persona che agisce in un contesto relazionale e in un ambiente più ampio, che lo circonda. La comparsa del fenomeno solitamente avviene tra i 12 e i 17 anni , anche se ci sono delle forme precoci che compaiono già a 11 anni. Perché in questa fase? Perché compare l’adolescenza, periodo che mette in gioco tutte le acquisizioni che l’individuo ha fatto negli anni precedenti.
Può risultare controintuitivo pensare che essere persone migliori origini dalla capacità che abbiamo appreso di superare momenti di difficoltà, di accettare e tollerare emozioni negative e far fronte a situazioni di angoscia. La mente non nasce dalle esperienze positive, la mente nasce dalla capacità di affrontare esperienze altamente impattanti con un valore emotivo negativo. Tutto questo è controintuitivo e può riassumere con una frase di Gibran: più il dolore ti scava dentro, più saprai contenere amore.
Un ambiente troppo confortevole e con pochi stimoli non ha mai fatto crescere nessuno. Sono le difficoltà a farci crescere.
In adolescenza succede proprio questo: si mettono in discussione tutte le acquisizioni possedute. Le capacità sviluppate si mettono in campo e si consolidano, mentre emergono le difficoltà che si sono verificate nel percorso evolutivo dell’individuo. Questo perché l’essere umano ha una tendenza innata alla conflittualità: l’individuo nascente si divide tra riposo e angoscia ed è il genitore che di volta in volta, relazionandosi con il bambino e offrendogli delle cure, permette al bambino di interiorizzare un modello che consente una forma di accettazione e contenimento delle emozioni più negative. Un po’ come se il genitore inculcasse nel bambino la fiducia che ciò che sta sentendo è qualcosa di transitorio e che può essere superato in modo positivo. Quando questo messaggio non arriva da parte del genitore, durante l’adolescenza tende ad emergere un’incapacità che possiamo definire incapacità di contenere. Se presente è bene che venga fuori durante il periodo adolescenziale poiché quest’ultimo rappresenta ancora un valido momento per l’apprendimento.
In merito alla dimensione sociale, invece, anche nei gruppi è importante un momento conflittuale. Uno psicologo che ha svolto importanti studi sui gruppi, Tuckman, afferma che un gruppo diventa un gruppo di lavoro quando affronta un momento conflittuale. Questa fase viene definita dallo stesso autore storming e in caso di mancanza il gruppo resta un gruppo formale. Tale dimensione la riscontriamo in tutti i contesti sociali: prendiamo, ad esempio, i nostri 18 anni. Rappresentano un momento di iniziazione verso l’età adulta e, come tutti i percorsi di iniziazione presentano un momento conflittuale.
Infine, l’ultimo aspetto da considerare quando parliamo di bullismo è l’ambiente. Quest’ultimo assume durante il periodo adolescenziale il ruolo che ha avuto il genitore della prima infanzia. Per questo da una parte è importante che sia presente, dall’altro che non abbiamo lo stesso ruolo del genitore se quest’ultimo non è stato sufficientemente attento. L’emergere di aspetti conflittuali durante la prima adolescenza è fisiologico, assume rilevanza a livello negativo nel momento in cui questo passaggio non trova risposta nella domanda che il giovane rivolge ai pari e al contesto sociale. 

A partire dal 2017, con la legge n°71, distinguiamo tra Bullismo e Cyberbullismo. I due fenomeni hanno caratterizzazioni proprie, ma anche aspetti in comune, come il mancato riconoscimento dell’altro/a. Cosa c’è alla base di tali manifestazioni?
Cogliete il cuore del fenomeno. Credo sia sempre difficile dare una risposta a tratti definitiva, perché la soggettività umana è qualcosa di così vario che è impossibile generalizzarla. Le ricerche che ha fatto Wells, psicologo svedese, parla abbastanza chiaro e mette al centro le capacità emotive. Il bullo e la vittima hanno un aspetto che li accomuna: una bassa intelligenza emotiva, ossia una bassa capacità di riconoscere le emozioni.
Le emozioni sono un metodo di comunicazione primordiale e al tempo stesso estremamente efficace, con una funzione sociale ben precisa. Nel momento in cui non si riesce a capire cosa c’è dentro le emozioni e cosa dicono di noi, può capitare di ritrovarsi in situazioni e contesti estremamente imprevedibili. Questo è l’aspetto centrale del problema.
Cosa accade quindi? Le emozioni hanno un ruolo importante: mettere in relazione le persone, creare legami. Il bullismo, più del cyberbullismo ha la capacità di creare relazioni estremamente forti. D’altra parte la ricerca di relazioni forti è uno degli aspetti che caratterizza la fase adolescenziale, momento in cui ragazzi e ragazze iniziano ad allontanarsi dal nucleo familiare per abbracciare una realtà più ampia e indefinita. 

Non è inusuale pensare che gli episodi di bullismo richiedano un intervento a favore della vittima. In realtà sappiamo bene che anche il bullo/a ha bisogno di aiuto. In caso di tali fenomeni, in quale direzione dovrebbe andare un intervento educativo efficace?
Un intervento dovrebbe andare nella direzione di fornire delle occasioni sociali che possano in qualche modo dare quel tipo di ascolto e di contenimento che precedentemente è stato carente. È importante che gli adolescenti possano esprimere quello che sentono.  Quando noi esseri umani manifestiamo un comportamento che può assumere tratti eccessivi o patologici, non funzionali, siamo sempre in presenza di un’espressione che è il risultato di una drammatizzazione all’esterno di un processo che sta avvenendo nell’interiorità dell’individuo. Questo per dire che la prima necessità è sempre quella “consapevolezza”. Il primo aspetto è sempre quello di poter esprimere ciò che si sente. Creare un ambiente in cui ci si può esprimere è fondamentale. Superata questa prima fase, è altrettanto importante fornire uno spazio espressivo in cui la corporeità assume un ruolo preponderante, la cui riuscita dipende anche dalle capacità di ognuno di noi, dalla formazione e dal saper accogliere l’altro. Uno spazio in cui bisogna parlare e anche agire, perché l’azione è l’aspetto principe dell’adolescenza. Uno spazio in cui poi si può parlare anche di relazioni sociali. L’aspetto delle emozioni e degli affetti in questo modo compare quasi da sé. Sicuramente non va considerato soltanto il bullo altrimenti non si va ad alleggerire il fenomeno. 

Nel contributo pubblicato da PISANO L., SATURNO M.E. (2008), Le prepotenze che non terminano mai, in «Psicologia Contemporanea», 210, 40-45, gli autori stilano alcune caratteristiche che differenziano bulli/e e cyberbulli/e e, al tempo stesso, mettono in evidenza come il bullismo sia un fenomeno legato al contesto scolastico e al gruppo dei pari. Quali sono le figure che in questa fase dell’età evolutiva possono contribuire a contrastare il fenomeno?

Le vostre domande sono estremamente interessanti. Spenderei prima due parole per differenziare cyberbullismo e bullismoI due fenomeni hanno come aspetto in comune la prevaricazione e la vittimizzazione verso una persona, quindi la messa in campo di comportamenti definibili aggressivi, un’insicurezza sia da parte del bullo sia della vittima, la sofferenza psicologica e fisica della vittima.
La differenza principale consiste nel fatto che il cyberbullo, rispetto al bullo,  mantiene anonimato e distanza. Per questo il cyberbullismo rappresenta un fenomeno meno evidente e meno appariscente. Il sintomo non è “visibile” ed è bene tenerne conto perché proprio il sintomo è un primo passo verso la guarigione.
Si parla molto della presa in carico di équipe in cui ci sono diverse figure e ognuna si focalizza su un aspetto o su un destinatario del fenomeno. Meritano attenzioni gli individui che ricoprono il ruolo di bullo, vittima, ma anche il gruppo dei pari, in una posizione intermedia tra la parte del fenomeno direttamente chiamata in causa e l’ambiente, attraverso forme di compartecipazione.
Infine, c’è una dimensione individuale e sociale del problema nella quale entrano anche gli adulti, ossia gli insegnanti, i genitori e tutte le persone che possono assistere al fenomeno. Il bullismo può essere considerato come una ricerca di attenzioni. Ognuno di noi diventa potenzialmente soggetto di intervento se assiste a determinati fenomeni. 

 

Bullismo: perché accade, come affrontarlo e come riconoscerlo a casa e a scuola
Per comprendere il fenomeno del bullismo è necessario delineare una cornice più ampia sulla quale riflettere

La famiglia rappresenta la prima agenzia di socializzazione, il luogo anche fisico nel quale fin da bambini si inizia a costruire relazioni con gli altri. In che misura è responsabile nel momento in cui un/a figlio/a veste i panni del bullo/a e in che modo può influire nelle azioni di prevenzione, tutela e contrasto del fenomeno?
Io mi rifaccio sempre alle ricerche di Dan Olweus che se da una parte sono datate, dall’altra sono quelle che hanno tracciato le direttive secondo cui identificare il fenomeno del bullismo. Dalle sue ricerche emergono diversi aspetti:

  1. il  contesto familiare che ricorre nei soggetti bulli è un ambiente familiare che da una certa età in poi è assolutamente permissivo, non pone limiti e non responsabilizza. Non è sufficientemente attento al proprio ruolo genitoriale, ossia saper dire NO mantenendo la relazione. 
    Il genitore, fin dai primissimi mesi di vita dei bambini, deve mediare, tollerare fino ad un certo punto e poi intervenire. Il ruolo del genitore è quello di essere presente pur dando libertà al bambino di dare forma alla sua identità. Nel momento in cui non sono presente io declino la responsabilità genitoriale. Il bullo urla un’esigenza di relazione. 
  2. una prima infanzia caratterizzata da genitori che utilizzano anche punizioni fisiche.
  3. forte presenza genitoriale nella prima infanzia che scompare non appena il bimbo diventa un piccolo adulto.
  4. scarsa presenza emotiva del genitore nella primissima infanzia. 

I paesi del nord hanno una particolare attenzione all’accudimento dei giovani. Un esempio? Avere spazi all’interno degli ambienti lavorativi dedicati ai figli. Ciò non significa che i paesi del Nord Europa sono migliori degli altri Stati membri, ma è innegabile che la presenza emotiva in alcuni casi è difficoltosa se non assente. 
Cosa può fare il genitore? Questa è una domanda complessa e difficile. Da un certo punto di vista il bullismo è un fenomeno che nasce all’interno dell’ambiente affettivo familiare e in questo senso è difficile pensare che il genitore possa fare qualcosa personalmente. Ci sono casi in cui, a prescindere dalle intenzioni, i fattori ambientali sono preponderanti anche quando siamo in presenza di genitori “perfetti”, ovvero genitori sufficientemente buoni, presenti e capaci di dare la giusta libertà, subentrano altri fattori come traslochi, spostamenti, allontanamenti di vario tipo all’interno del nucleo familiare che seguono lo sviluppo, la crescita e l’esperienza del giovane.
La prima cosa che può fare un buon genitore è quello di porsi domande. Non deve dare soluzioni, ma interrogarsi su ciò che sta accadendo e sulla sua posizione rispetto a ciò che sta accadendo. In adolescenza è ancora più difficile fare questo, il compito del genitore è quindi quello di reggere e sostenere le azioni del figlio offrendo relazione. Esempio: se mio figlio mi porta la rabbia io la reggo, ma non l’alimento. Il genitore, però, deve chiedersi fino a che punto può reggere la provocazione. Un esempio che porto sempre a tale proposito è quello del neonato che piange. Il genitore si chiede: “Cosa posso fare?” E trova la risposta.
La tecnica è la stessa, perché l’adolescenza dà una seconda chance al genitore di accogliere una richiesta. Il genitore può scegliere se accogliere o meno questa richiesta. Bisogna, quindi, saper dire no se si avverte di non essere capaci e di chiedere aiuto. Qualsiasi cosa il genitore faccia è importante riconoscere il proprio portato umano. Il colpevolizzare e il cercare a tutti i costi soluzioni veloci non sono mai soluzioni valide, al contrario alimentano difficoltà e situazioni delicate. 
La cultura da cui proveniamo ha poco a che fare con l’era post moderna. La famiglia, da un punto di vista culturale, è un media sociale e fin da subito offre al bambino la possibilità di avere spazi altri. Se il genitore vede costantemente il figlio può non rendersi conto dei cambiamenti. Per questo è importante il rapporto con altri. Uno di questi spazi può essere la scuola, ma non è l’unica. Sono tante le agenzie attraverso le quali creare altri spazi. Noi, ad esempio, siamo cresciuti con l’oratorio, gli amici sotto casa. Ad ogni modo è importante la presenza di qualcuno che possa guardare dall’esterno, offrire uno spazio altro e che possa in qualche modo sollevare in parte il genitore.

Come di consueto ci piacerebbe terminare l’intervista con un consiglio rivolto a chi si trova a essere vittima di episodi di bullismo e cyberbullismo, ma anche a chi ha scelto di vestire i panni del bullo/a e a chi quotidianamente si trova a contrastare episodi di questo tipo, come educatori, docenti, formatori, genitori. Da dove partire per uscire da situazioni di questo tipo e per mettere in atto azioni di prevenzione efficaci?

Cercare di abbracciare la cultura dell’essere meno performanti ed essere più umani. Accettare la propria umanità per poter accettare quella degli altri. Il genitore ha un ruolo importante nei confronti del figlio, ma al tempo stesso è il figlio che rende il genitore tale. Non bisogna spaventarsi di fronte le richieste del figlio, ma neanche sottostimarle. Bisogna lasciarsi la possibilità di affidare parte dell’educazione dei propri figli ad altre agenzie e riconoscere, così, i propri limiti. Se non ho tempo, se non ho risorse affettive adeguate, è bene delegare. L’adolescenza è un momento importante, ma come genitori bisogna rispettare i propri limiti che sono limiti umani. Non è sempre necessario dire ai propri figli cosa è giusto e cosa è sbagliato, ovvero dire ai figli cosa devono fare e come devono farloIn termini di prevenzione questo è l’atteggiamento più positivo che un genitore può attuare. Non è necessario essere perfetti, ma è bene essere consapevoli dei propri limiti poiché non si è perfetti, non siamo chiamati ad essere dei super eroi. Ai ragazzi e alle ragazze è bene raccontare che intorno c’è un mondo ricco di occasioni e che in qualche modo meritano di poterle scoprire e conoscere. C’è qualcosa oltre i propri limiti ed è bene esplorare.

 

Vuoi restare in contatto con Giorgio? Ecco dove trovarlo:

Pagina Facebook: Dott. Giorgio Conti
Pagina progetto: Write Club Lab

Hai trovato utile questa intervista? Pensi possa interessare o aiutare persone che conosci? Condividila con loro! Aiuterai, inoltre, il progetto Scuola di Comunicazione Gentile a farsi conoscere!

Progetti PON scuola: 5 esempi che favoriscono le competenze per lo sviluppo

Studenti e studentesse in aula

Sei tra le figure impegnate nella realizzazione del cosiddetto Piano per accedere ai fondi strutturali? Allora sei nel posto giusto! Nelle righe che seguono vogliamo darti qualche idea e mostrarti alcuni esempi di progetti da inserire nei PON scuola, ovvero nei Programmi Operativi Nazionali.

Come saprai la Commissione Europea, per favorire la parità economica e sociale di tutte le regioni dell’Unione Europea e per ridurre il divario tra quelle più avanzate e le altre, finanzia una serie di attività e azioni delle quali le scuole possono beneficiare.

I fondi investiti sono chiamati Fondi strutturali e di dividono in due grandi categorie:

  • FSE, o Fondo Sociale Europeo, si tratta di un fondo che favorisce le competenze per lo sviluppo
  • FESR, o Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, un fondo che interviene a favore degli ambienti di apprendimento

I progetti che troverai in questo articolo possono essere finanziati attraverso il primo fondo citato, ovvero il Fondo Sociale Europeo. Per accedere ai finanziamenti, però, le scuole devono elaborare un Piano, ovvero un insieme di Progetti, soggetto alla valutazione dell’Autorità di Gestione dei PON.

Ricevuta l’autorizzazione, ogni scuola può avviare le procedure per realizzare il cosiddetto Piano Integrato di Istituto.

PON Scuola: i progetti che contrastano la dispersione scolastica e rafforzano le competenze di base

I PON scuola hanno diversi obiettivi riassumibili in due macro categorie:

  • Riduzione della dispersione scolastica e formativa, attraverso occasioni di incontro con l’arte, la scrittura, l’educazione alla cittadinanza attiva e alla cura dei beni comuni, ecc. 
  • Competenze di base, si tratta di potenziare abilità chiave, come la padronanza della lingua italiana, la capacità di scrittura creativa e comunicazione, il sapersi muovere con consapevolezza e spirito critico negli ambienti digitali.

Cosa portare in classe per favorire tutto ciò? Ecco 5 esempi che invitano studenti e studentesse a mettersi in gioco sui temi appena citati

Il Dizionario della gentilezza e Il Dizionario dell’inclusività

Si tratta di due percorsi, il primo dedicato alla realizzazione di un glossario per migliorare la comunicazione a scuola, il secondo rivolto ad acquisire gli strumenti necessari per una comunicazione non discriminante. Ogni giorno, infatti, siamo pervasi da un numero altissimo di messaggi, ma quanti di questi possono essere definiti gentili e inclusivi? Questi percorsi formativi sono un viaggio tra le parole e le immagini per comprenderne l’importanza.
Vuoi approfondire? Leggi i programmi cliccando qui e qui!

Progetti PON scuola esempi: il dizionario dell'inclusività e della gentilezza
Il Dizionario della Gentilezza e dell’Inclusività

Potrebbe interessarti: Linguaggio inclusivo: definizione ed esempi per comprenderne l’importanza

Il Manifesto della Comunicazione Gentile

Il percorso formativo si pone l’obiettivo di potenziare le competenze comunicative di studenti e studentesse attraverso il riconoscimento del ruolo fondamentale che ha l’empatia nella comprensione dell’altro e nel miglioramento delle relazioni. Possedere buone doti comunicative significa non solo conoscere le regole grammaticali, ma anche sapersi esprimere in modo chiaro, tenendo conto degli interlocutori che abbiamo di fronte e del contesto in cui avviene la comunicazione. Vuoi approfondire? Leggi il programma cliccando qui!

Progetti PON Scuola esempi: Il Manifesto della Comunicazione Gentile
Il Manifesto della Comunicazione Gentile adottato dalla nostra scuola

Potrebbe interessarti: Bullismo e Cyberbullismo a scuola

Scrivere non è difficile

Il rapporto con la scrittura può essere difficile, soprattutto se affrontata con grande aspettative. Questo percorso propone di guardare lettere e parole con occhi diversi e di lasciare che la penna prenda il sopravvento. Pensieri e esperienze vissute saranno il punto da cui partire per scoprire cosa si nasconde dietro un romanzo, uno scrittore e un lettore, ma anche l’occasione per mettersi in gioco con tanti esercizi che stimolano la creatività. Vuoi approfondire? Leggi il programma cliccando qui!

Progetti PON scuola esempi: scrivere non è difficile
Scrivere non è difficile, il nostro corso per potenziare le abilità narrative

Guida alle Fake News

Riconoscere la veridicità delle informazioni che circolano in rete è difficile, ma non impossibile. Le fake news sono qualcosa di sempre esistito, ma negli ultimi anni, con la diffusione degli strumenti digitali, sono diventate uno strumento sempre più utilizzato per diffondere paure e creare conflitti. Per smascherarle occorre conoscere i meccanismi utilizzati per la loro creazione. In questo modo sarà facilissimo districarsi ed evitarne la diffusione. Vuoi approfondire? Leggi il programma cliccando qui!

Progetti PON scuola esempi: guida alle fake news
La nostra guida alle fake news realizzata da studenti e studentesse al termine di un laboratorio

Potrebbe interessarti: Cosa sono le fake news? Storia di una pratica sempre esistita

Studiare con internet e i social network

La rete e i social network possono riservare piacevoli sorprese, anche se il loro utilizzo preoccupa spesso docenti e genitori. Il corso si prefigge l’obiettivo di aiutare gli adolescenti a farne un uso consapevole e proficuo nel tempo, utilizzandoli per accrescere conoscenze e competenze. Vuoi approfondire? Leggi il programma cliccando qui!

Progetti PON scuola esempi: studiare con internet e i social network
Studiare con internet e i social network, il nostro corso per un approccio positivo ai social

Come avrai avuto modo di valutare, i PON scuola sono una vera e propria risorsa per svolgere numerose attività. Quelle che abbiamo visto finora sono, infatti, solo alcune delle proposte formative che la nostra scuola offre agli istituti scolastici. Spesso le attività possono essere progettate insieme al/alla Dirigente Scolastica (DS), al/alla Direttore/trice dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA), al/alla Facilitatore/trice e Referente per la Valutazione. Sono loro, infatti, a presentare il progetto e a seguirlo nelle fasi iniziali, elaborando i bandi di selezione delle figure professionali che successivamente si preoccuperanno di attuarlo.

Ti piacerebbe portare nella tua scuola uno dei progetti presentato in questo articolo? Hai un’idea ma non sai da dove partire?

Inviaci un’email, saremo felici di aiutarti!